Questo capitolo è dedicato alla storia della Puglia, una storia che affonda le sue radici nel Paleolitico, le cui testimonianze sono rintracciabili nei fossili e nei dialetti, coi lasciti di Dauni, Peuceti e Messapi. Per migliaia di anni le popolazioni hanno vissuto nelle grotte, molte delle quali poi, affrescate e pitturate, sono divenute le ‘grotte di Dio’. Un territorio cruciale, nel quale si sono intrecciati i destini di numerosissimi popoli, lungo la strada edificata dai romani – la via Appia, regina viarum. Per via della sua posizione strategica, è stato al centro dei conflitti che hanno interessato il Mediterraneo: dapprima percorso ricalcato da crociati e pellegrini in partenza per la Terrasanta, poi presidio attrezzato con un sistema di avvistamento contro le incursioni saracene. Quindi, la rinascita nelle arti (fioritura del Barocco) e successivamente dei commerci e degli scambi (con la riacquistata centralità del Mediterraneo a metà ‘800 a seguito dell’apertura del canale di Suez).
E la Murgia, le Murge, cuore pulsante della Puglia e area strategica, dapprima per l’economia pastorale e agricola e, in tempi più recenti, per il confronto mondiale tra le due superpotenze, Usa e Urss, durante la ‘guerra fredda’.
Il capitolo si chiude con un articolo dedicato all’Anfiteatro Tarantino e con una riflessione sullo stato dei beni culturali.
Le origini
I processi insediativi dal Paleolitico all’età moderna
Silvia De Vitis
La Puglia vanta una storia antichissima: ponte naturale fra Mediterraneo orientale e centrale, è stata il punto di passaggio di molti gruppi umani.
Le popolazioni del Paleolitico (fino a 10.000 anni a.C. circa) hanno sfruttato, dalla Murgia al Salento, le grotte carsiche come rifugio, santuario, luogo di sepoltura.
Non a caso, poco distante dal territorio ionico, ad Altamura, è stato rinvenuto nel 1993, il fossile di Homo Neanderthalensis arcaico, il cosiddetto “Uomo di Altamura”, databile, sulla base delle ricerche in corso, intorno ai 150.000 anni fa. Moltissime grotte dall’arco carsico conservano, se non resti così eccezionali, testimonianze comunque significative delle epoche più antiche della presenza umana.
Lingua e dialetti in provincia di Taranto e in Puglia
Giovanni Manzari
Sul piano linguistico la Puglia si presenta come molto variegata ed eterogenea, varietà che è il riflesso della sua storia e delle sue caratteristiche geografiche.
La regione si estende infatti per quasi 400 km. dal fiume Fortore e dal torrente Saccione al Capo Santa Maria di Leuca e rappresenta, amministrativamente, la fusione di tre province preunitarie: Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto, che a loro volta riflettono la tripartizione preromana di quella che sarebbe divenuta la Regio II augustea: Daunia, Peucezia e Messapia.
Vivere in grotta
Perché “vivere in grotta”?
Sergio Maglio
L’altopiano carsico della Murgia nella Puglia centrale, che giunge sino a Matera, presenta numerosi villaggi e monumenti sacri scavati nella tenera roccia di calcarenite o tufo, straordinarie testimonianze di una architettura in negativo che vede il suo trionfo proprio nella facies rupestre della Capitale Europea della Cultura 2019.
Questo fenomeno particolare e insolito attira l’attenzione e la curiosità del visitatore, affascinato dalla inusuale opzione architettonica per sottrazione, in controtendenza con la più comune attività dell’uomo di costruire le proprie abitazioni e le città aggiungendo vari materiali, come pietra, legno, metalli, terracotta, ecc.
L’iconografia delle chiese rupestri
Sergio Maglio
Come tutte le comunità umane, anche i villaggi del comprensorio rupestre di Puglia e Basilicata ebbero i loro templi, naturalmente anch’essi scavati, nei quali si consumarono le manifestazioni di fede, devozione e arte sacra degli abitanti.
Anche se questi villaggi furono realizzati subito dopo il periodo iconoclasta, le loro chiese non presentarono immediatamente pitture e affreschi con immagini sacre. La primissima espressione di devozione popolare non fu rappresentata, infatti, dalle icone rupestri che rendono celebri le “grotte di Dio”. Nelle chiese ipogee, soprattutto in quelle dei villaggi più antichi, spesso sulle pareti troviamo graffite croci di diverso tipo.
Il periodo iconoclasta era iniziato nel 726 con la distruzione per ordine dell’imperatore Leone III Isaurico di una veneratissima icona di Cristo presente nella Porta di Bronzo del Palazzo imperiale, che era stata sostituita da una croce.
Ascesa e caduta di Roma
La Via Appia
Regina viarum
Aurelio Miccoli
I numerosi nuclei abitati sparsi nel territorio, testimoniati dai rinvenimenti archeologici, con l’unificazione romana diventarono una fitta rete di centri urbani vivificati dalla presenza di assi stradali funzionali allo sviluppo e al trasporto. E queste infrastrutture, di cui la principale, nel meridione d’Italia, fu la via Appia, costituirono fattori di progresso e di continuità con epoche successive mentre i centri urbani e gli insediamenti rurali crescevano.
L’antica via Appia fu iniziata nel 312 a.C, per volere del censore Appio Claudio Cieco (Appius Claudius Caecus, appartenente alla Gens Claudia), ma i suoi lavori si protrassero fino al 190 a.C, data in cui la via completò il suo percorso fino al porto di Brindisi.
La rete viaria:
Tra Medioevo ed età moderna
Antonio V. Greco
La rilevanza di Taranto all’interno dell’itinerario della via Appia già offuscata allorché, con l’imperatore Traiano (53-117 d.C.), era stata inaugurata una variante adriatica che evitava il transito per la città ionica, che di fatto la tagliava fuori dalle principali correnti di traffico interregionale ed internazionale, fu ulteriormente ridimensionata nella sua funzione a seguito del crollo dell’Impero d’Occidente.
Il percorso della Via Appia romana era ancora noto, in piena età normanna, al monaco Guidone, il quale cita nella sua Geographica i siti di Minerva (Masseria Minerva, in territorio di Castellaneta) e Mons campi (Montecamplo, fra Castellaneta e Laterza).
Mediterraneo conteso
Cavalieri crociati e ordini cavallereschi
Puglia ponte per l’oriente
Claudio Morbidelli
Il Medioevo, l’affascinante età di mezzo, nelle terre del meridione dell’Italia assume caratteristiche e si sviluppa con modalità specifiche, con interpretazione della storia che, pur nel canale culturale dell’epoca, si caratterizza per alcune peculiarità specifiche ed uniche che daranno alle regioni meridionali la dinamicità di una rielaborazione culturale, articolata, complessa, raffinata ed unica.
Su di un consistente zoccolo culturale, greco e latino, ben assimilato, che aveva modulato la sensibilità etica, artistica, politica ed umana, si innestano nuovi popoli nell’arco di qualche secolo. Diverse popolazioni si insediano in Sicilia, Calabria, Campania, Lucania e Puglia.
La rinascita dell’arte e dei commerci
Lo splendore del Barocco
Aurelio Miccoli
Se è vero che oggi il Salento rappresenta la legittima patria del cosiddetto barocco leccese non possiamo dimenticare che l’insieme territoriale di Terra d’Otranto ha per molti secoli caratterizzato un’area geografica ma anche culturale con caratteristiche autoctone. Un’area vasta che comprendeva il cosiddetto tacco d’Italia ma anche le sue propaggini più settentrionali a cavallo dell’area peuceta la quale già da tempi molto antichi si caratterizzava per diversità culturale e connotazioni proprie.
I fari gemelli di Taranto
Giuseppe Carlone
Lungo le coste del Mezzogiorno italiano il cammino dei fari e delle torri costiere racconta cinque secoli di storia. Se nel Cinquecento la luce dei fuochi è accesa sulle torri costiere per segnalare la difesa attiva contro le incursioni ostili dell’odiata pirateria turca e saracena, nell’’Ottocento il nuovo cammino dei fari ha il compito di favorire l’accoglienza delle navi che ormeggiavano nei porti e ripartivano cariche delle ricchezze della terra.
In Puglia, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, tutte le città costiere intensificano gli sforzi per modernizzare i loro porti. Si inizia con la progettazione dei grandi porti commerciali, dove Bari conquista il ruolo di porto principale del mercato dell’olio e Barletta rafforza quello tradizionale di porto per il commercio del grano. Per i porti naturali di Brindisi e Taranto gli interventi di riqualificazione mirano ad associare sia la funzione commerciale che quella militare, coinvolgendo nella progettazione anche l’impianto urbano.
Murge: dalla transumanza all’atomica
La transumanza e i tratturi della Murgia
Antonio Ludovico
Il fenomeno della transumanza ha rappresentato fin dall’antichità una via obbligata per le greggi allevate nelle zone montane degli Appennini. La caduta della neve in inverno, infatti, impediva il pascolo degli ovini e costringeva i pastori a spostare le greggi a valle, verso le zone pianeggianti della costa, generalmente da settembre a maggio (transumanza vernotica). Invece, in estate quando l’Alta Murgia diventa brulla e povera di pascoli, i pastori locali scendevano a valle verso le pianure costiere del Tarantino (transumanza statonica, da giugno a settembre).
Già praticata dalla cosiddetta Cultura appenninica nella Media Età del bronzo (XVI-XII sec. a.C), la transumanza era tra le attività fondamentali delle popolazioni italiche (Sanniti, Lucani e Dauni) e la pastorizia fu una delle attività più redditizie nell’Età romana.
Gli antichi Romani, una volta conquistati i territori appenninici e tarantini, li inserirono in un sistema pubblico di sfruttamento che regolamentava modalità di accesso e di fruizione dei pascoli pubblici e garantiva la sicurezza degli spostamenti delle greggi che dal Sannio e dalla Lucania giungevano fino alla Murgia e al Tarantino, e viceversa.
Parco Tratturi: tutela e valorizzazione
Arturo Cucciolla
La Regione Puglia, con la legge regionale n. 29, intitolata “Disciplina delle funzioni amministrative in materia di Tratturi” si era dotata, nel 2003, di uno strumento efficace d’intervento sul demanio armentizio regionale con il chiaro obiettivo di mantenere ed incrementare il suo carattere pubblico per costituire il “Parco dei Tratturi della Puglia”.
Tale legge prevedeva, facendone obbligo ai Comuni interessati dalla presenza di tratturi, la redazione di “Piani comunali dei tratturi” (PCT), finalizzati a definire gli interventi possibili, classificando le aree in tre categorie: a) aree sostanzialmente integre, destinate a costituire il Parco; b) aree idonee a soddisfare esigenze di carattere pubblico; c) aree compromesse da alienare.
Murgia e itinerari Jupiter
Aurelio Miccoli
A seguito di un accordo nell’ambito della NATO (alleanza politico-militare dei Paesi occidentali) alla fine degli anni ’50 fu messa a punto l’operazione “Deep Rock” che prevedeva lo schieramento in alcuni territori di missili puntati verso l’URSS.
Si trattava di missili balistici superficie-superficie, a medio raggio, classe Jupiter, con motore a propellente liquido e portata tra i 1.000 e i 5.500 km, armati con bombe atomiche (1,45 megaton) centinaia di volte più potenti di quella lanciata su Hiroshima. La parte terminale del missile, a forma di cono, alta circa 4,5 metri, conteneva infatti la testata nucleare.
Erano gli anni della cosiddetta ‘guerra fredda’ tra Stati Uniti e URSS e il governo italiano aveva aderito al programma “di difesa” concedendo dieci basi disseminate sulla nostra Murgia, da Matera ad Altamura, con comando strategico a Gioia del Colle. Un territorio scelto per la sua posizione orientale e quindi non lontano dall’URSS e dai suoi paesi satelliti.
Beni archeologici, tra disinteresse e valorizzazione
Arcangelo Alessio
Qualsiasi riflessione – attuale – sui beni archeologici della provincia ionica non può che condurre inevitabilmente a considerazioni purtroppo negative. Da qualsivoglia angolazione si voglia affrontare l’argomento il punto di arrivo è rappresentato da una palese incapacità di questo territorio a porre in atto le misure necessarie per addivenire ad una idonea valorizzazione del considerevole patrimonio che esso conserva.
Situazione che appare essersi consolidata nel tempo al di là dei pur riconoscibili sforzi compiuti da istituzioni ed enti locali demandati per legge alla tutela, conservazione e valorizzazione. Tanto da chiedersi, forse in maniera legittima, se e quanto le difficoltà riscontrabili siano frutto di conclamato disinteresse piuttosto che attribuibili alla penuria di mezzi – innanzitutto economici – o ad incapacità sul piano organizzativo e gestionale.