Oltre l’orizzonte

In questo capitolo, 14 articoli esplorano le aree limitrofe alle Murge, dalla capitale europea della cultura 2019 (Matera) al museo della preistoria di Nardò, passando per i fasti ellenisti di Metaponto, dalle stele dell’antica Daunia. Toccando Altamura, col suo giacimento di orme di dinosauri (il più grande del mondo, con ben 30.000), “Ciccillo”, l’uomo preistorico vissuto 150.000 anni fa) e il suo museo archeologico, i siti Unesco in Puglia (Castel del Monte e Alberobello) e le grotte di Castellana (a 80 anni dalla scoperta). Inoltre, il capitolo esplora le testimonianze lasciate dai popoli, a partire dalla gestante paleolitica di Ostuni, passando per i Peuceti la cui eredità di ingegnosità e conoscenze tecniche è ancora manifesta a Monte Sannace, il lascito federiciano di Castel del Monte fino al museo d’arte contemporanea a Polignano a Mare.

Museo archeologico nazionale di Metaponto

Silvia De Vitis

I terrazzi marini compresi fra i fiumi Bradano e Agri che si affacciano sulla pianura alluvionale formatasi a causa dello scorrere di questi fiumi ha reso il Golfo di Taranto un’area estremamente favorevole alla nascita di insediamenti umani sin dal Neolitico (10.000-4.000 a.C. circa).
L’età del Bronzo (2.000-1.100 a.C. circa) e quella del Ferro (fino al 700 a.C. circa) mostrano un popolamento estremamente ampio e dinamico con momenti di proliferazione di numerosi insediamenti, anche di dimensioni limitate, e altri nei quali alcuni centri fungevano da catalizzatore concentrando la popolazione al proprio interno.


Matera capitale europea della cultura 2019

Francesco Semeraro

Il tratturo dei trainieri, come un cordone ombelicale, ha conservato il legame di Matera con la Puglia, dopo l’unità d’Italia, per più di cento anni.
La carreggiata era segnata dagli zoccoli dei cavalli e dai solchi delle grandi ruote dei traìni tra i sassi e nel compatto banco di roccia.
I trainieri trasportavano il vino in Basilicata e tornavano col carico di grano. Vivevano col cavallo giorno e notte, per strada e in casa.


Le stele della Daunia: ricerca e valorizzazione

Francesco Rossi

Sabatino Moscati, ripresentando nel libro “Le Stele della Daunia”, edito nel 1988, i principali contributi di Silvio Ferri, il grande studioso che per primo negli anni Sessanta del secolo scorso aveva segnalato l’importanza delle “stele”, così chiudeva la prefazione: “se c’è un capitolo dell’antica civiltà italica …………………………….
La scoperta a cui si accenna è consistita nel recupero di lastre di pietra calcarea di forma rettangolare con dimensioni variabili, decorate su tutti i lati, ad eccezione della zona inferiore, con l’uso di incisioni e talvolta della martellinatura, e completate da una testa. La presenza di monili o di armi raffigurati sulla superficie ha consentito a M. L. Nava, allieva di S. Ferri, di proporre una distinzione tra stele “con ornamenti” e stele “con armi”.


Alberobello, Patrimonio dell’Umanità

Mario Piepoli

Il 1910 e il 1930 sono le date delle disposizioni normative che hanno consentito la salvaguardia dell’eredità storica del Paese dei Trulli.
Volutamente si parla di eredità storica e non di semplice tipologia edilizia o sistemazione urbanistica, dal momento che l’unica città composta esclusivamente dalle tipiche costruzioni a trullo non rispondeva ad un’esigenza organizzativa pubblica, com’è intesa l’urbanistica, ma era la soluzione a bisogni primari individuali e familiari.


Castel del Monte: l’eredità di Federico

Elena Silvana Saponaro

Castel del Monte, in agro di Andria, a circa 17 km dal centro e 15 km da Corato, per la sua posizione geografica, si colloca strategicamente in un vasto territorio, con un’ampia visibilità su gran parte di esso, e di importanti assi viari di collegamento fra le fortificazioni di Melfi, Lagopesole, Gravina e Garagnone dell’entroterra e quelle costiere come Trani, Barletta, Bisceglie, e sul tracciato di importanti viabilità antiche, come l’asse dell’Appia-Traiana, intercettata già in altri comparti territoriali da altre edificazioni di Federico II, come l’arco trionfale fortificato tra il 1233 ed il 1240 all’estremità nord-ovest del ponte romano sul fiume Volturno a Capua, il castello di Brindisi, quello di Canosa e di Ruvo.


L’uomo di Altamura

Elena Silvana Saponaro

Ricercare ciò che non si vede e che rimane nascosto alla luce del sole, là dove il tempo ha come scavato la propria tomba per sottrarsi all’usura delle stagioni, è privilegio degli speleologi e costituisce, per così dire, la loro passione profonda.
È stato forse questo desiderio a spingere i soci del gruppo speleologico di più antica formazione pugliese (Centro Altamurano Ricerche Speleologiche) a insistere nel lavoro di disostruzione di una fessura larga non più di dieci centimetri di diametro, nei pressi del Pulo di Altamura, nella zona di Lamalunga, a 450 metri sul livello del mare.
Quei resti fossilizzati appartengono ad una forma arcaica di homo vissuto tra i 200.000 e i 400.000 anni fa, periodo intermedio tra la vita dell’Homo Erectus. Si tratta di una scoperta senza precedenti, la prima al mondo che riguardi uno scheletro completo e perfettamente conservato di un parente cosí remoto dell’uomo.


30.000 orme di dinosauri

Altamura: il giacimento più ricco al mondo

Elena Silvana Saponaro

Nel mese di giugno del 1999 è stato scoperto nei pressi di Altamura, in località Pontrelli, un giacimento di orme di dinosauri, perfettamente conservate, di grande importanza scientifica.
Il sito, infatti, è caratterizzato da un elevato numero di impronte (almeno 30.000), molte delle quali incredibilmente intatte e nitide, distribuite su un’area di circa 12.000 mq. L’alta concentrazione di tracce ne fa, attualmente, il giacimento più ricco al mondo.


Il museo archeologico di Altamura

Elena Silvana Saponaro

Il museo Nazionale archeologico di Altamura, Il Paleolitico della Puglia e la grotta di Lamalunga: l’itinerario museale del secondo piano del Museo Nazionale Archeologico di Altamura è stato progettato per raccontare la storia del popolamento antico dell’Alta Murgia.
Mentre le sezioni del primo piano hanno un allestimento di tipo tradizionale, la Sezione Paleolitica, ultima allestita, presenta un’esposizione innovativa che si serve di diversi strumenti per sviluppare il tema dell’evoluzione dell’Uomo dall’africano all’Homo sapiens sapiens.


Il castello di Gioia del Colle

Walter Ivone

Alla metà del XIII secolo la mole del castello di Gioia del Colle, garanzia di sicurezza per gli abitanti delle terre circostanti, ma anche monito di un’autorità che nel corso dei due secoli precedenti aveva fondato il suo potere, sicuramente appariva inconfondibile anche a grande distanza in un panorama che si andava formando a spese della selva che tuttavia ancora dominava il paesaggio.
Oggi il castello gioiese, pur compreso nel tessuto urbano del centro storico e occultato per metà da due edifici ottocenteschi, si mostra ancora come un severo, poderoso ma elegante edificio.


Il parco archeologico di Monte Sannace

Walter Ivone

Sulla collina di Monte Sannace, nel territorio di Gioia del Colle, circa cinque chilometri a nord-est dall’abitato, sorgono i resti di un antico insediamento indigeno che divenne, tra IV e III sec. a.C., una grande e florida città, forse la più importante dell’intera Peucezia.
Le prime tracce di una, sebbene saltuaria, frequentazione umana di questo luogo risalgono al periodo neolitico ma solo a partire dal IX sec. a.C. i ritrovamenti testimoniano forme insediative di tipo stabile ad economia agro-pastorale, caratterizzate tipologicamente da piccoli agglomerati di capanne sparsi nel territorio. Queste forme insediative diffuse evolsero, nel corso del VII sec. a.C., verso un unico insediamento egemone, strategicamente arroccato sulla cima della collina.


Castellana a oltre 80 anni dalla scoperta delle grotte

Pino Pace

Era una serena mattina quel 23 gennaio 1938, quando lo speleologo lodigiano Franco Anelli (1899-1977) si affacciò sull’orlo della Grave e discese al fondo dell’abisso; era inizio dell’avventurosa scoperta delle Grotte di Castellana, proseguita poi con il supporto del castellanese Vito Matarrese (1906-1966).
Quella che fino ad allora era una qualsiasi cittadina delle Murge sud orientali abbandonò così l’anonimato, e le Grotte iniziarono a richiamare visitatori da tutto il mondo grazie ai suoi stupefacenti scenari sotterranei, a partire dallo smisurato pantheon naturale della Grave, la prima grandiosa caverna, l’unica comunicante con l’esterno.


Fondazione Pino Pascali

Museo d’Arte contemporanea

Antonio Frugis

La nascita del Museo Pino Pascali risale al 1998 a seguito di un importante lascito di opere e cimeli appartenuti all’artista da parte della famiglia; nell’occasione fu organizzata un’importante mostra retrospettiva e antologica dell’artista e, da allora, è incessante l’attività espositiva e di eventi del museo. Nel 2010 il Museo si trasforma in Fondazione Pino Pascali, compartecipata dalla Regione Puglia e dal Comune di Polignano a Mare, con statuto e regolamento interno.
Dal 2012 la sede della Fondazione è un ex Mattatoio comunale restaurato, a strapiombo sul mare, la casa sul mare che Pascali tanto desiderava, luogo fortemente suggestivo ed evocativo.


La gestante paleolitica di Ostuni

Donato Coppola

La grotta-riparo di Agnano si apre alla base di una grande scarpata calcarea, in una posizione dominante la vasta pianura sottostante che degrada dolcemente verso la costa adriatica.
La prima frequentazione umana accertata del sito avvenne nel Paleolitico medio, con una serie litica proveniente da raccolte di superficie di chiara tipologia musteriana. Lo scavo nell’area esterna del riparo per ora ha interessato i livelli epigravettiani e gravettiani fino all’affioramento di elementi litici riconducibili all’aurignaziano, in corso di esplorazione.


Il museo della preistoria di Nardò

Filomena Ranaldo

Il territorio di Nardò, con la straordinaria complessità della sua stratificazione storica, rappresenta uno dei luoghi con il maggior potenziale paesaggistico e culturale di Puglia fin dalle sue fasi più antiche. Queste sono testimoniate dalle numerose emergenze archeologiche e geo-paleontologiche presenti nel Parco naturale regionale di Portoselvaggio e Palude del Capitano e oggi, grazie alla collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto e della Regione Puglia, trovano nel Museo della Preistoria di Nardò un contesto di valorizzazione e studio, andando a costituire il Distretto della Preistoria di Nardò.
Il Museo ha sede nell’ex Convento di S. Antonio di Padova, del quale resta oggi il solo chiostro e un’ala del primo piano. Costruito alla fine del XV secolo, congiuntamente alla contigua chiesa, alla metà del XIX secolo, in seguito alla soppressione dei beni ecclesiastici, fu trasformato in asilo e successivamente in ospedale. Solo in anni recenti è stato ristrutturato con fondi regionali e destinato a Museo.


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